Per il secondo volume 2022 di Comics&Science dal titolo The Alchemical Issue, realizzato dai veterani di C&S Giovanni Eccher e Sergio Ponchione, abbiamo chiesto al CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) di scrivere un’introduzione. Tuttavia, la quantità di informazioni e curiosità trovate dal CICAP era così ricca e abbondante che abbiamo pensato di proporvela qui, senza i limiti di spazio tipici dell’editoria, nella sua forma integrale e (a sentir loro) comunque non esaustiva. Buona lettura!

L’introduzione del CICAP

Si tende a considerare l’alchimia come una forma di pensiero esoterico, completamente estraneo alla scienza, ma è una visione antiquata: gli studi più recenti hanno rivalutato il ruolo dell’alchimia, fino a considerarla una parte fondamentale della storia della scienza e in particolare della chimica, di cui ha direttamente ispirato il nome.

Nel mondo contemporaneo, i riferimenti alchemici (dalla Pietra Filosofale nel primo capitolo di Harry Potter al manga Fullmetal Alchemist) sono per lo più confinati al folklore ma, fino all’epoca di Newton e oltre, l’alchimia ha dato un contributo fondamentale all’arte, alla cultura, alla scienza e alla tecnologia. Gli alchimisti hanno sviluppato sia conoscenze pratiche sulla materia sia sofisticate teorie sulla sua natura nascosta e sulle sue trasformazioni. Hanno contribuito all’estrazione mineraria, alla metallurgia, alla lavorazione del vetro, all’agricoltura, alla farmacologia e alla medicina. Hanno ispirato artisti e poeti, da Bruegel il Vecchio a Goethe e Victor Hugo.

Il ruolo importante dell’alchimia nella storia della scienza e la sua continuità con la chimica sono tra i segreti meglio custoditi dell’alchimia. Attraverso le storie che raccontiamo in questa introduzione cerchiamo di cominciare a svelarli.

Ruggero Bacone e la ricerca della longevità

Ruggero Bacone è un frate francescano inglese del Duecento, filosofo della Scolastica, noto come il Doctor Mirabilis e precursore dell’empirismo moderno. Nel corso dei suoi studi si chiede come mai i personaggi della Bibbia come Noè e Matusalemme vivevano diversi secoli, mentre i suoi contemporanei non vanno oltre qualche decina di anni. La sua spiegazione è che i primi esseri umani possedevano tutta la conoscenza che Dio aveva rivelato ad Adamo, ma con ogni generazione le nostre conoscenze si sono ridotte, i nostri peccati sono aumentati e la durata della vita si è accorciata. Qui entra in gioco la visione alchemica di Bacone, secondo cui l’oro è incorruttibile perché beneficia di un perfetto equilibrio degli elementi che costituiscono il mondo (aria, acqua, terra e fuoco), mentre nei metalli meno perfetti uno degli elementi predomina sugli altri e permette la “corruzione”. La trasmutazione alchemica si può interpretare come una tecnica per “guarire” i metalli meno pregiati come il piombo trasformandoli in metalli nobili quali l’argento e l’oro. Allo stesso modo, anche negli esseri umani, migliorare il bilancio dei quattro elementi permetterebbe di avvicinare la perfezione e prolungare la vita. Rifacendosi alla traduzione di una lettera che Aristotele avrebbe scritto ad Alessandro Magno, Bacone cerca di realizzare una medicina chiamata gloria inestimabilis, composta da varie sostanze fermentate per mesi e poi esposte alla luce delle stelle. Vuole metterla a disposizione di papa Clemente IV affinché possa unificare la cristianità. Il tentativo fallirà e il pontificato di Clemente IV durerà pochi anni come quello dei suoi predecessori, ma la convinzione di Bacone che la conoscenza si costruisca anche e soprattutto con gli esperimenti, e non solo con i ragionamenti, ci avvicinerà alla scienza moderna.

Paracelso e l’unione di medicina e magia

Nasce da un medico che vanta origini nobili e da una “serva ecclesiastica”. Viaggia per tutta l’Europa, studiando le malattie più frequenti tra il popolo e conquistando la stima di medici e malati ma suscitando anche continue controversie. Diventa professore di medicina all’università di Basilea, ma deve abbandonarla per contrasti con i suoi colleghi e riprende a girare l’Europa, finché muore a Salisburgo nel 1541. È Teofrasto Paracelso, forse la figura più importante dell’alchimia rinascimentale. Il principio alla base della ricerca di Paracelso è quello ermetico della corrispondenza tra il macrocosmo, cioè il mondo, e il microcosmo, cioè l’uomo. Esplorare il corpo umano e scoprire che cosa lo fa ammalare e guarire è un modo per scoprire tutto il creato, incluso il soprannaturale. Le origini umili di Paracelso aiutano anche a comprendere le sue scelte non convenzionali, come quella di cercare le risposte ai quesiti medici nella natura anziché nei testi di Galeno e quella di tenere le lezioni universitarie in volgare tedesco anziché in latino. Alcuni aspetti del pensiero di Paracelso sono molto moderni, come l’idea di produrre farmaci mirati a curare le singole malattie anziché limitarsi a riequilibrare gli umori, che pone le basi della chimica farmaceutica. Di conseguenza la tentazione di alcuni studiosi è stata quella di classificarlo come un uomo di scienza vissuto troppo presto, ma questa è un’interpretazione anacronistica. Per Paracelso medicina, chimica, magia e teologia convivono all’interno di una sola coerente visione. Per esempio sviluppa una tintura di oppio – che chiama laudano – per trattare il dolore, ma allo stesso tempo propone di curare il ballo di San Vito distruggendo una bambola con le sembianze del malato e considera ciarlatani coloro che ignorano le applicazioni mediche degli influssi astrologici. Mentre noi vediamo una contraddizione insanabile tra misticismo e empirismo, Paracelso li vede come parte della stessa filosofia.

William Butler, dalla pietra filosofale alla letteratura scientifica 

Katherine Jones, nota come lady Ranelagh, è una scienziata anglo-irlandese, al centro del circolo internazionale di intellettuali creato dall’eclettico studioso Samuel Hartlib a metà del Seicento, del quale faceva parte anche Cartesio. In una lettera a Hartlib, lady Ranelagh racconta la straordinaria vicenda di uno stimato medico irlandese, Daniel Higgins, il quale si è messo al servizio del famoso alchimista William Butler, anche lui irlandese, per carpire i suoi segreti. Si dice che da bambino Butler sia stato rapito dai pirati e venduto al Pascià di Tunisi, al quale avrebbe rubato una scatola di preziosa polvere segreta, utile per la trasmutazione del piombo in oro, prima di scappare e tornare in Irlanda. William Butler viene arrestato per contraffazione e muore in un naufragio nel 1617, ma il racconto di Higgins suscita l’interesse del fratello di lady Ranelagh, Robert Boyle, uno dei padri della chimica moderna, cofondatore della Royal Society, istituzione che avrà un ruolo centrale nello sviluppo della scienza moderna. Boyle e alcuni suoi colleghi passano vent’anni a cercare di capire se Butler avesse scoperto davvero la pietra filosofale, ragionando allo stesso tempo su come valutare l’attendibilità dei resoconti di testimoni che non si conoscono personalmente. Condividono in modo trasparente e dettagliato le loro ipotesi sulla ricetta seguita da Butler per trasformare il piombo in oro e i risultati dei loro tentativi. Non troveranno la pietra filosofale, ma nel processo getteranno le basi per la moderna letteratura scientifica attraverso cui gli scienziati di oggi descrivono la procedura seguita nei propri esperimenti e mettono altri in condizione di riprodurli.

Marie Meurdrac e la parità dei sessi

La corte di Luigi XIV a Versailles è più famosa per il lusso sfrenato che per il sostegno alla ricerca scientifica. Ma c’è un’eccezione. Marie Meurdrac, moglie di un capitano delle guardie, chiede al re l’autorizzazione a costruire una speciale fornace nella quale condurre esperimenti di alchimia. Come Paracelso, è convinta che tutta la materia sia composta da quantità variabili di sale, zolfo e mercurio e sperimenta moltissimo con queste sostanze. Vive in un’epoca in cui le donne si occupano regolarmente di chimica pratica, per preparare le medicine necessarie ai familiari. Ma vengono escluse dalle discussioni teoriche, considerate inadatte alle loro “piccole menti”. Per questo Marie Meurdrac esita molto prima di pubblicare il suo trattato e decide di farlo solo quando è sicura che i risultati sperimentali che ha ottenuto ripetutamente sono autentici e si rende conto che “la mente non ha sesso”. Diventa famosa come esperta di alchimia e prende l’abitudine di donare medicine ai poveri. È profetica nel dichiarare: «se le menti delle donne fossero coltivate quanto quelle degli uomini e se dedicassimo altrettanto tempo e denaro nella loro istruzione, diventerebbero loro pari.» Il suo libro La Chymie Charitable et Facile, en Faveur des Dames (La chimica utile e facile, a beneficio delle signore), pubblicato nel 1666, è esplicitamente rivolto alle donne, alle quali vuole insegnare non solo conoscenze di chimica, ma anche di botanica, medicina e cosmetica. La sua scelta coraggiosa sarà ridicolizzata da Molière nella commedia Le intellettuali, tuttavia il suo approccio è anticipatore non solo in campo sociale ma anche dal punto di vista scientifico vero e proprio perché, sebbene le basi teoriche siano quelle dell’alchimia, la trasparenza del linguaggio e l’apertura al controllo altrui e alla collaborazione sono già quelle della chimica moderna.

Hennig Brandt e la scoperta del fosforo

Hennig Brandt è un commerciante di Amburgo, più interessato alla ricerca della pietra filosofale che agli affari. Dissolve, mescola, setaccia e calcìna vari intrugli: passano gli anni ma la scoperta non arriva. Una sera del 1669 ha un colpo di fortuna. Trascorre la maggior parte della giornata nel suo laboratorio, riscaldando una miscela di sabbia e carbone insieme a una sostanza, simile al catrame, prodotta facendo bollire ben 5 tonnellate di urina nell’arco di due settimane. Mantiene quindi la miscela alla temperatura più alta che la sua fornace può raggiungere. Dopo molte ore si forma un vapore bianco che si condensa in gocce che rimangono luminose per ore, tanto che in piena notte Brandt può leggere alla loro luce i suoi trattati di alchimia. La sostanza luminosa e cerosa, che brucia producendo fumi pestilenziali, non era mai stata vista prima. Brandt la chiama fosforo, una parola che viene dal greco antico e significa “portatore di luce”. Tiene segreta la sua scoperta, ma il chimico inglese Robert Boyle ne verrà a conoscenza per vie traverse e riuscirà a riprodurla. Il fosforo è un componente fondamentale per la vita: i tessuti cerebrali contengono composti complessi del fosforo, senza di esso i processi respiratori sarebbero impossibili e i muscoli non potrebbero immagazzinare energia; infine il fosfato di calcio è uno dei principali componenti del tessuto osseo. Forse in fondo quella di Brandt è stata una scoperta ancora più importante di quella della pietra filosofale.

Newton e l’alchimia

Tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento in Inghilterra c’è uno studioso che passa gran parte del suo tempo tra gli studi di alchimia e quelli della teologia, cercando di decifrare le profezie nascoste nella Bibbia e sostenendo convinzioni eretiche. È un povero sprovveduto rimasto tagliato fuori dal terremoto culturale della rivoluzione scientifica? Al contrario, è nientemeno che Sir Isaac Newton, uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, fondatore della meccanica classica, ideatore del calcolo infinitesimale e della legge di gravitazione universale. Il lato esoterico del pensiero di Newton è rimasto ignorato per secoli, ma oggi è ben nota la sua importanza. Non sarebbe neanche corretto parlare di una sorta di “doppia vita”, che veda Newton vestire alternativamente i panni dello scienziato e quelli del mago. Al contrario, Newton è convinto che esista un unico metodo per interpretare le verità della Bibbia e quelle della natura. Le sue convinzioni esoteriche non si possono separare dalle sue scoperte scientifiche. Per esempio, la sua familiarità con la tradizione ermetica delle “simpatie” e “antipatie” occulte lo conduce a formulare il principio dell’azione a distanza che sta alla base della legge della gravitazione universale. Allo stesso modo, la sua scoperta che la luce bianca si può scomporre nei colori di base e ricomporre attraverso un prisma è ispirata dall’idea degli alchimisti di dividere gli elementi nei loro costituenti e poi ricombinarli. Soltanto alla fine del Settecento – con Lavoisier – l’idea che gli elementi si possano trasformare l’uno nell’altro verrà messa da parte fino all’era della fisica atomica. La vita di Newton insegna che il pensiero scientifico emerge nel corso di alcuni secoli non da un progresso lineare ma da un percorso accidentato, ricco di false piste, equivoci e ripensamenti. La distinzione tra ciò che è considerato scientifico e non scientifico cambia nel tempo con l’evolversi della visione del mondo. Mentre in altre epoche era considerato scientifico pensare che la Terra fosse al centro dell’universo, che gli organismi viventi fossero pervasi da una “forza vitale” o che l’evoluzione avesse uno scopo, oggi non lo è più. Queste convinzioni, che possono essere consolatorie, rimangono soltanto nelle pseudoscienze come l’astrologia, le medicine alternative e il creazionismo e contribuiscono a spiegarne il successo.

A cura di Andrea Ferrero

Riferimenti bibliografici